La giornata continua, lambendo la cascata di Svartifoss, un getto d’acqua, che ha formato il suo antro fra meravigliose colonne basaltiche nere. Il meteo non è favorevole, la camminata è lunga e la giornata volge ormai verso la sua conclusione. Non ci si avvicina pertanto a questo spettacolo ma si avanza verso la laguna glaciale di Jokulsarlon.
Le lingue marginali del ghiacciaio Vatnajokull toccano l’oceano in questa pacifica laguna e iceberg di ogni dimensione si staccano e galleggiano per un po’, finché non riescono ad imboccare una piccola apertura che costituisce la loro via di fuga verso la libertà, verso l’oceano Atlantico. Il freddo è pungente, l’aria odora di sale e di ghiaccio, è pura e, ad ogni respiro, ti consente di entrare sempre più in armonia con quanto è intorno. Non è difficile entro breve ritrovarsi ammaliati, rapiti, isolati dal mondo, con occhi, mente e cuore solo per quello che c’è davanti agli occhi: la madre degli iceberg, una sorta di pre-laguna in cui gli iceberg si formano. Sorridiamo osservando un curioso gruppo di turisti impegnati in un safari fotografico scendono da un iperattrezzato furgone, sfoderando fior di attrezzature ma poi sono così impacciati che faticano a raggiungere qualsiasi posizione che renda giustizia all’uso di tanto equipaggiamento. Con modestia guadagniamo un posto in prima fila e godiamo di questo spettacolo. Qualche foto e muoviamo verso la laguna vera e propria, il luogo dove gli iceberg preparano il loro lungo viaggio verso il caldo: foche sorridenti, uccelli che roteano felici in aria, pescano e si accudiscono, questa è la vita che circonda tanta meraviglia. Ci si muove dalla riva ad un’altura che apre lo sguardo sul tutto, fino a immergersi poi fra gli iceberg mediante un veicolo anfibio che, con rispetto e prudenza, si sposta nella laguna.
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