E’ tempo di ripartire e mettersi in strada. Fra Vik e Kirkjubæjarklaustur grandi formazioni rocciose coperte di licheni accompagnano per decine, centinaia di chilometri, la strada percorsa e formano un tappeto maestoso che si estende a perdita d’occhio. Le pietre che lo compongono sono strane sfere di diametro importante, qualche metro almeno, e di non minore peso, che mal si immagina come possano aver avuto origine. Si può supporre che siano state levigate dall’azione della pioggia ma è poco giustificabile come possano essere disposte su più strati, come possano essere lisce e levigate su ogni lato, come possano coprire il suolo quasi fossero uno strato di zucchero su di esso spolverato. Il viaggio continua ignaro e la strada diventa emblema dell’incessante desiderio di conoscere, di scoprire, di tentare, spesso senza successo, di fermare in uno scatto l’incredibile che il Pianeta ci riserva.
Come biglie rotoliamo sulla nostra pista di asfalto finché, attoniti, non dobbiamo fermare l’auto. Alla nostra sinistra la Terra è ferita, una cicatrice si apre su di essa, dove arriva lo sguardo, appena oltre il tappeto di mastodontici sassi. Uno squarcio si apre nella superficie levigata delle colline. Una gola nel nulla, una formazione che difficilmente si può immaginare formata dall’azione dell’acqua che siamo abituati a conoscere, una azione laboriosa e incessante ma delicata e fluida. Qui è completamente diverso: la pelle della Terra sembra essere stata graffiata da un artiglio affilato, da un uncino che l’ha squarciata, lasciando che poi l’acqua deviasse il suo corso al fine di riempire quel facile giaciglio. Stiamo osservando da lontano il Fjaðrárgljúfur Canyon. Null’altro resta da fare che avvicinarsi e andare a scoprire cosa si cela in quella profonda ferita. Sferzati da una pioggia ormai battente saliamo sui bordi sfrangiati di quella spaccatura e lo spettacolo è a dir poco incredibile. Pareti lisce, totalmente verticali, che si aprono allo sguardo su una confluenza fra due flussi d’acqua impetuosi. Acqua da ghiacciaio, azzurra e gelida, che vortica, lotta per farsi la sua strada e poi si placa, sul fondo del canale principale, migrando pacifica verso l’oceano. Il vento è insopportabile. Diventa pericoloso avvicinarsi ai bordi, camminare sul piccolo sentiero che porta su una punta rocciosa capace di aprire la vista sul maestoso spettacolo sottostante.
Videomaking
Fotografia aziendale
Eventi
Grafica 2d/3d
Fotografia di viaggio
Fotografia naturalistica
Documentari
Racconti di viaggio
Web marketing
SEO e siti web
Strategia
Copywriting