Il suggestivo paese di pescatori di Vik ci accoglie in maniera davvero singolare. Inizia a piovere in una mattina mai calda. Le gocce che arrivano al suolo iniziano in breve tempo a sollevare una curiosa nebbia, un mantello che avvolge l’asfalto, sale sopra in marciapiedi e nasconde le ruote delle automobili. Scendo dall’auto, mi inginocchio, il terreno è tiepido, troppo caldo per il poco sole della mattina. L’umidità dell’aria favorisce la condensa, il suolo caldo fa evaporare l’acqua che cade e la nebbia che si forma danza e avvolge tutto in uno spettacolo che fa pensare, fa anche preoccupare ma che per nulla è nuovo agli abitanti del posto. E allora, tranquillizzati dalla serenità di chi quel posto lo vive e lo conosce, diventa facile rilassarsi e lasciarsi andare ad un bel caffè caldo in un suggestivo e accogliente ristoro, l’Halldorskaffi.
Arriva il momento di riavvicinarsi di nuovo al mare, con i faraglioni e la spiaggia di Reynisdrangur. Questa volta si può dire di avere davvero vicino l’effetto delle forze di questa natura, combinate a forgiare quest’isola. Le eruzioni che hanno plasmato le rocce in forma di colonne, l’acqua e il vento che hanno frantumato queste colonne e poi le hanno masticate pazientemente fino a triturarle e trasformarle in una fine sabbia nera che si scalda sorprendentemente anche con il timido sole che spunta a momenti. E’ istintivo rotolare su quel pendio fino a sprofondare nella sabbia nera, onorare la Terra in silenzio al cospetto delle sue colonne, respirare l’aria salmastra e ringraziare.
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