La giornata inizia con un timido sole che si affaccia fra nuvole che lambiscono i rilievi, che si insidiano fra le valli e colorano di mistero tutto quello che ci circonda. Il viaggio è per lo più di trasferimento oggi. I colori di questo Mondo fanno da padrone, con una luce capace di cambiare, di stravolgere la percezione del visibile in poche manciate di secondi. Un angusto e inospitale paesaggio diventa una tavolozza di un pittore, ristoro per lo spirito, non appena il grigio vira al blu e striature vive dipingono il cielo austero e animano il suolo vivo.
Si inizia dalla cascata meno pubblicizzata d’Islanda ma che per certo è quella che all’obiettivo produce la più incredibile sensazione di potenza. Sospesa e congelata in un attimo, fluidificata nel suo scorrere con decimi di secondo di esposizione in più, Skogafoss è a mio avviso meravigliosa.
La strada lambisce il mare, il gelido e turbolento Atlantico settentrionale che in questa stagione sembra inusualmente calmo. I riflessi sulla sua superficie non appaiono mai blu, caldi e tropicali ma sempre e comunque grigi e freddi; l’asprezza delle forme assunte dalla roccia lasciano ben immaginare quale possa essere la sua forza. La terra, o meglio la dura ma giovane roccia, interfaccia fra la terra d’Islanda e l’Oceano Atlantico, è consumata da un abile scultore. Le sue superfici non sono levigate come normalmente ci si aspetta di vedere. La sua struttura, di natura vulcanica e prevalentemente conformata in colonne esagonali o grandi blocchi compatti, è sgretolata, è sfaldata lungo le sue linee di rottura naturali, dagli incessanti colpi dell’acqua che si rifiuta di accarezzare la Terra, ma la schiaffeggia e la frantuma. L’essere umane che da sempre ha vissuto qui, impavido e duro a morire, ha imparato a sopravvivere e ad inserirsi in questo cosmo in costante, repentino, violento mutamento e aiuta quindi i suoi naviganti con un faro, non elegante, non aggraziato, ma basso e robusto, compatto e quasi privo di aperture, custode inviolabile di una risorsa preziosa. E la natura, dal canto suo, si aggrappa a quella terra cruda, su di essa fiorisce e perpetua la magia Siamo vicino al celebre arco roccioso di Dyrholaey, che male si fotografa dalla posizione di ripresa da noi raggiunta nel poco tempo a disposizione.